10 febbraio 2004

Saprai che tamo e che non tamo
perché la vita è in due maniere
la parola è unala del silenzio
il fuoco ha una metà di freddo
io ti amo per continuare ad amarti
per ricominciare linfinito
per non cessare di amarti mai
Per questo non tamo ancora
tamo e non tamo
come se avessi nelle mie mani le chiavi della gioia
ed un incerto destino sventurato.
Il mio amore ha due vite per amarti
per questo tamo quando tamo
per questo tamo quando non tamo.

(Pablo Neruda)

Questa è sempre stata (ed è ancora) una delle mie poesie preferite, una delle poche che so a memoria. Ci sono persone per cui lamore è così, o per le quali per amare bisogna soffrire o aver sofferto, o per cui lamore sono drammi, melodrammi, drammoni e litigate, amore/odio, ti lascio poi torno eccetera.

Non so, magari è così, eh, per carità, ho visto un sacco di film, ho letto una valanga di libri, conosco persone che lo vivono o lo hanno vissuto così.

Quello che ho imparato io in un anno è che amare vuol dire capirsi. Vuol dire non essere fraintesi. Vuol dire accettarsi. Vuol dire essere sé stessi. Vuol dire, anche, adattarsi. Vuol dire incrociarsi. Vuol dire essere anche amici. Vuol dire stimarsi. Vuol dire scoprire. Vuol dire condividere.

Vuol dire tantissime altre cose ancora, ma poi so che mi si imbarazza.
E, alla fine, vuol dire solo metterci niente a riabituarsi a dormire insieme e diverse notti a riabituarsi a dormire da sola.

Alla fine, vuol dire solo essere felici.

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