I diari della motocicletta

Avevo proprio una gran voglia di vedere questo film, parecchie persone me ne avevano parlato bene e avendolo nel programma del cineforum aspettavo con impazienza la serata. A dir la verità ero parecchio stanca però ho pensato che ne valesse la pena.

Ecco… belle immagini, molto molto belle, bei paesaggi, splendida l’idea delle immagini in bianco e nero pseudo fotografia ma coi personaggi in posa ma non fermi, ottimo spunto: il viaggio dello studentello Ernesto Guevara prima che diventasse il Che, e che l’ha cambiato o quantomeno ha motivato quello che è diventato.

Ma. Francamente mi aspettavo di più. MOLTO di più. Innanzitutto è leeeeeeeeeeento ma lento ma lento. Ma il difetto peggiore è che è agiografico in maniera imbarazzante – un difetto! Uno! Uno scatto d’ira! Qualcosa! No. E’ buono, intelligente, colto, figlio e fratello affezionato, amico e innamorato fedele, ragazzo onesto, sincero, sensibile, generoso, corretto, un po’ privo di tatto ma perché è onesto quindi non vale, un po’ imbranato che fa tenerezza ma non troppo, simpatico, gentile, idealista e pure figo! E che è, sarà stato un essere umano anche lui, pure Gesù Cristo si incavolò coi mercanti del tempio santo cielo!

Ciliegina sulla torta, per interpretare uno dei personaggi più carismatici del XX secolo mi vanno a scegliere un bamboccio caruccio (ok, molto caruccio. Molto molto molto caruccio) con la stessa personalità ed espressività del mio fermacarte. Che non ho.
Adesso facciamo fare, che so, Garibaldi a Lorenzo Flaherty e Lucrezia Borgia a Martina Stella e siamo a posto.

Davvero un peccato perché realizzato in maniera un tantino più realistica e meno retorica lo spunto di cui sopra era proprio interessante.

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