Archivi giornalieri: 26 febbraio 2004

De André

continuo a riflettere su questa cosa che ho scritto da un’altra parte su spunto di A. (grazie).

De André per me è di casa, la sua musica e le sue parole hanno accompagnato tutti gli anni della mia vita senza mai perdere di significato ma arricchendosi sempre più. Naturalmente quando ero piccolina ci capivo poco, i miei lo tenevano come colonna sonora perenne dei viaggi in macchina, con questa mitica cassetta duplicata dagli LP con volume I, II e III insieme (il II cioè ‘Tutti morimmo a stento’ era a cavallo dei due lati) però mia mamma toglieva il volume quando c’erano le parolacce – 2 in tutto (in ‘Via del campo’ di sicuro e anche credo in ‘Carlo Martello’) – e mandava avanti ‘Il gorilla’ che era alla fine di un lato, e noi piccoli morivamo di curiosità e quando l’abbiamo sentita di nascosto non ci abbiamo capito niente (avrò avuto sei anni). La cassetta veniva replicata periodicamente causa usura (e ci voleva una vita, bisognava calcolare i tempi al millisecondo), l’ultima volta l’ho fatto io sul vecchio giradischi per uso personale (e l’ho persa mannaggia la miseria).
Forse per questo le canzoni cui tengo di più sono quelle, quelle ‘vecchie’, quelle della mia infanzia, che mi hanno accompagnato negli anni ribelli dell’adolescenza e che oggi mi ricordano quelle che sono le cose importanti per me, la tolleranza, la comprensione, il rispetto verso tutti.
Ricordo anche che siamo andati tutti insieme al concerto a Milano (non so se è stato l’ultimo, ero al liceo), con i miei, e vederli che rimanevano colpiti dalle stesse canzoni che amavo io, vedere la gente della loro età cantare insieme a quella della mia, me li ha fatti sentire vicini, me li ha fatti capire più di mille altre cose, mi ha fatto vedere che sì magari sono rassegnati e tradizionali e un po’ retrogradi come genitori ma da giovani erano così anche loro e ci credevano anche loro e forse da qualche parte dentro sono ancora così. Un po’ cinici, disillusi, ma con quelle stesse cose dentro.
L’estate scorsa invece ho sentito per la prima volta (incredibilmente e indecentemente, lo so) ‘Amico fragile’ che è l’unica canzone ascoltata ‘da grande’ che mi ha colpito quanto quelle della mia infanzia, però quella con cui voglio ricordare de André qui è una delle sue canzoni più sconosciute (era nella prima versione di Volume I, sostituita nelle ristampe da ‘La stagione del tuo amore’), spesso lui traduceva testi altrui (Brassens, Masters ecc.), qui aveva tradotto ‘Arranjuez [sic] mon amour’ di Richard Anthony sulla musica del 2° movimento del ‘Concierto de Aranjuez’ per chitarra e orchestra di Joaquin Rodrigo. Per me è splendida. Triste ma splendida.

Caro amore
nei tramonti d’aprile
caro amore
quando il sole si uccide oltre le onde
puoi sentir piangere e gridare
anche il vento ed il mare.
Caro amore
così un uomo piange
caro amore
al sole, al vento e ai verdi anni
che cantando se ne vanno
dopo il mattino di maggio quando son venuti
e quando scalzi e con gli occhi ridenti
sulla sabbia scrivevamo contenti
le più ingenue parole.
Caro amore
i fiori dell’altr’anno
caro amore
son sfioriti e mai più rifioriranno
e nei giardini ad ogni inverno
ben più tristi son le foglie.
Caro amore
così un uomo vive
caro amore
e il sole e il vento e i verdi anni
si rincorrono cantando
verso il novembre a cui ci van portando
e dove un giorno con un triste sorriso
ci diremo tra le labbra ormai stanche
"eri il mio caro amore".

Dicevo, ci sto riflettendo, e in realtà mi sa che i miei non sono così ma questo è come vorrei che fossero… e ho paura di diventare come loro.

Vedremo.